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IL COMPOSITORE DI RONCOLE

Questo venerdì 1 febbraio alle ore 16.00 si terrà la presentazione della 19^ Edizione del Festival Verdi presso il Teatro Regio di Parma. Per il 2019 il Festival si svolgerà dal 26 settembre al 20 ottobre, come sempre a cavallo del 10 ottobre, data di nascita di Giuseppe Verdi.

E oggi 30 gennaio 2019 un articolo sulla Gazzetta di Parma riporta un’intervista al Maestro Muti, giramondo con Verdi nel cuore «Guai a chi lo tocca. Potrei uccidere».

Qui un breve estratto (Articolo di Vittorio Testa)

«Andammo in carrozza al Petruzzelli di Bari, io avevo tre anni, stavo in braccio al cocchiere e mi dissero che ascoltai l’Aida senza piangere e dar fastidio». Fu lì, in quella sera del 1944, che l’infante Riccardo Muti, escluso dal padre medico un deficit uditivo, avvinto da tre ore di canti e musica, clamori della Marcia trionfale compresi, contrasse un’acuta, inguaribile e benedetta forma cronica di “verdismo”? Evidentemente stava scritto lassù, “vuolsi così colà dove si puote”, che Riccardo Muti sarebbe diventato, erede di Arturo Toscanini, l’occhiuto difensore del grande bussetano. Verdi come mito, come padre artistico e morale, come esempio di orgogliosa italianità, celebrato ogni giorno con una dedizione totale dal maestro napoletano-molfettese.

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Busseto, dicembre 1997, la cittadinanza ono- raria, la banda e i festeggiamenti nel Teatro Verdi. Nel salone museo di casa Barezzi, Muti sfiora i tasti del forte-piano usato dal giovane Verdi: «Dio mio, ricorderò questo momento per sempre. Suonare qui, dov’era lui. Non mi sembra vero. Sentite la perfezione del motivo del duetto d’amore nel Ballo in maschera» dice Muti infiammandosi al pensiero di «certe esecuzioni piene di note non scritte da lui, di effettacci, acuti belluini, accompagnamenti pesanti, zum-pa-pa-zum grevi e in- sultanti. Per fortuna io ho avuto come insegnante Antonino Votto, collaboratore di Arturo Toscanini». Già Toscanini, tradito dal discepolo Riccardo con il “Va’ pensiero” bissato nel 1986 all’esordio come direttore musicale alla Scala. Infrangendo la proibizione toscaniniana di concedere “bis” in corso di rappresentazione.

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Già, Toscanini: cittadino onorario di Busseto nel 1913, nel Centenario verdiano. Ora nel dicembre 1997 Muti ne segue le orme. Verdi, Toscanini, la Tebaldi, Bergonzi, Parma, Busseto, Villa Verdi a Sant’Agata: «Un mondo meraviglioso che voglio scoprire in tutto il suo fascino». Curioso e sempre posseduto dal “verdismo”, una sera al termine del “Nabucco” portato nel 1988 dalla Scala a Berlino Ovest e Berlino Est, il maestro invita il cronista a cena. Ci siamo, penso, sarà per l’intervista. «Macché», dice, «sono io che intervisto lei. Il fulmine che si abbatte sul blasfemo Nabucodonosor mi ha fatto venire in mente la vicenda del giovane Verdi che in ritardo a causa del temporale si salva dalla saetta piombata sulla chiesa, uccidendo anche un prete che tempo prima… Cosa gli aveva fatto?». Gli aveva dato uno scappellotto facendolo ruzzolare. Sì, maestro, la tragedia capitò nel 1828, alla festa settembrina di popolo devoto al Santuario di Madonna dei prati. «E come aveva reagito il piccolo Verdi colpito dal sacerdote?». Maledicendolo con un «cat vegna na saièta», cioè «che Dio ti fulmini». Muti ride pervaso di buonumore: «Meraviglioso! Ma sì, facciamo l’intervista: a patto che inizi con questa mia dichiarazione: Signori direttori che maltrattate Verdi, sappiate che a tempo debito vi giungerà inesorabile la giusta vendetta del più grande operista del mondo». D’accordo maestro…«Aspetti, ho pensato anche al titolo». Grazie maestro. Sarebbe? «Riccardo Muti minaccia: per Verdi potrei uccidere».

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